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Gli eroi della guerra: protagonisti nell'ombra


Cosa vi viene in mente pensando al termine Shoah? Repressione, morte, sterminio, immagini di persone denutrite e terrorizzate. Certo, la Shoah è questo, ma è anche molto altro. A volte bisogna considerare anche l’altra faccia della medaglia: persone, eroi per caso che, a rischio della propria vita, scelsero di aiutare gli ebrei a sfuggire alle persecuzioni.
Oggi noi li ricordiamo come i “Giusti”. Giorgio Perlasca, Giovanni Palatucci e Giovanni Borromeo sono tra questi.
Quella di Giorgio Perlasca è la straordinaria vicenda di un uomo che, pressoché da solo, nell’inverno 1944-1945 a Budapest riuscì a salvare dallo sterminio nazista migliaia di ungheresi di religione ebraica, inventandosi un ruolo, quello di Console spagnolo, proprio lui che non era né diplomatico né spagnolo. Contrariamente a quanto potrebbe fare un eroe, Perlasca non raccontò a nessuno delle sue azioni, perché riteneva di aver fatto solo il proprio dovere. È solo grazie ad alcune donne ebree ungheresi da lui salvate che lo annoveriamo tra gli eroi della guerra. A chi gli chiedeva perché lo aveva fatto, rispondeva semplicemente: Ma lei, avendo la possibilità di fare qualcosa, cosa avrebbe fatto vedendo uomini, donne e bambini massacrati senza motivo, se non l’odio e la violenza?
Responsabile dell’Ufficio stranieri si avvalse della propria posizione, invece, Giovanni Palatucci, il cui atto eroico è stato quello di salvare gli 800 ebrei provenienti dai Balcani destinati alla Gestapo. L’ “angelo della notte”, come era soprannominato, fece sì che questi fossero ospitati ad Abbazia, una località non distante da Fiume e, come loro, tanti altri riuscirono ad evitare la morte grazie soprattutto al profondo senso di solidarietà cristiana acquisito durante la formazione nella propria famiglia. La prima cosa cui Palatucci fa ricorso è quella che, forse, gli costa umanamente di più: fa diventare il suo ufficio un guazzabuglio di cartacce disordinate, vecchie, superate e mai aggiornate. Si fa così la fama di un funzionario scansafatiche, ma egli ha la coscienza tranquilla, e poi i suoi amici sanno, non c’è bisogno d’altro.
Altro caso, altro eroismo. Giovanni Borromeo, brillante medico e convinto antifascista, con la sua equipe, composta da Maurizio Dialek, Vittorio Sacerdoti e Adriano Sicili, salvò circa 45 ebrei. Egli adottò uno stratagemma tanto inquietante quanto inesistente: il morbo di K, o di Kesserling, ovvero morbo del Feldmaresciallo, che guidava le truppe tedesche a Roma. Egli, primario all’ospedale romano Fatebenefratelli,  ideò questa malattia quando, nell’ottobre 1945, un bambino corse ad avvertirlo dell’imminente arrivo di due camion di SS, che sarebbero giunti di li a poco per controllare l’ospedale e i pazienti. Il controllo non può essere evitato, ma per un fortuito accidente uno dei due camion smarrisce la strada e li fa ritardare di circa mezz’ora: trenta minuti che hanno concesso a Borromeo di inventare quella malattia che avrebbe salvato decine e decine di persone. Le prime stanze erano occupate da malati effettivi. Quando, però, giunsero nell’ala delle malattie infettive, il primario sfoggiò tutta la sua abilità di “attore”: secondo la sua versione, quei pazienti erano affetti dal morbo di K, malattia contagiosissima che nel migliore dei casi portava alla morte, o altrimenti alla paralisi, alla perdita delle facoltà motorie e visive. I nazisti non osarono mai valicare quelle porte. Testimone dell’eroismo di Borromeo è il figlio Pietro:  Papà, quante persone hai salvato? E la risposta:  Il papà non le ha mai contate. Gli bastava salvarle.
Per molto tempo questi eroi solitari hanno subito la “condanna dell’oblio”, ma oggi questi uomini sono celebrati dallo Stato di Israele. Ognuno di loro ha un albero intitolato al proprio nome nel “giardino dei giusti” di Gerusalemme allo Yad Vashem.
Ma i “Giusti” non sono solo coloro che salvarono gli ebrei durante la seconda guerra mondiale, ma sono tutti quelli che, in misure diverse, si sono distinti per il loro coraggio nel salvare vite umane, coloro che hanno scelto di combattere e di non restare indifferenti davanti ai crimini dell’umanità, coloro che hanno difeso a tutti i costi la verità. Ed ecco che altri “giardini dei giusti” sono sorti: ad Yerevan in Armenia, a Sarajevo e nel 2003 in Italia, a Milano. Ed è proprio nel giardino di Milano che il 5 maggio 2008 sono stati piantati sei nuovi alberi dedicati ad altrettanti “eroi”: alla giornalista russa Anna Politkovskaja, assassinata nel 2006 per aver denunciato i massacri in Cecenia; all’intellettuale turco di origini armene Harant Kink che ha lottato per costruire un dialogo con i turchi; all’attivista di diritti umani i Bosnia-Erzegovina Dusko Condor assassinato nel 2007 per aver testimoniato contro i carnefici serbi che avevano brutalmente assassinato 26 musulmani sotto casa sua; al console italiano in Rwanda Pierantonio Costa che salvò 2000 Tutsi; ai 440 giusti italiani della Shoah e all’arabo tunisino Khaled Abdul Wahab che durante la seconda guerra mondiale sfamò e nascose per diversi mesi un gruppo di ebrei.
Questi “giusti” dimostrarono che di fronte al male c’è sempre un’alternativa, che in nome del coraggio si può sconfiggere l’indifferenza.

bhò